Lo scorso 11 novembre, a Varese, nell’ambito del festival sul giornalismo digitale “Glocal”, si è tenuto il dibattito dal titolo “Informazione, un cambio di paradigma”, introdotto e moderato da Antonio Rossano, Giornalista e Presidente della non profit “Media Studies”, ospiti Ginevra Cerrina Feroni, Vicepresidente Autorità Garante della Privacy, Carlo Bartoli, Presidente Ordine dei giornalisti, Colin Porlezza, Professore City London University e Direttore European Journalism Observatory, Peter Gomez, Direttore de ilfattoquotidiano.it.

La discussione ha cercato di mettere a fuoco l’impatto delle nuove tecnologie ed in particolare dell’Intelligenza Artificiale sul mondo dell’informazione ed anche l’insieme dei sistemi regolatori che vari paesi e l’Unione Europea in particolare, stanno mettendo a punto per cercare di governare il cambiamento. Dal dibattito è emersa la comune visione che la tecnologia possa e debba essere uno strumento professionale per i giornalisti, laddove questi strumenti ed i loro gestori, ovvero le grandi piattaforme online, non impattino sulla libertà di espressione, sull’etica e la deontologia professionale. I relatori, ciascuno con la sua diversa competenza e visione, hanno portato interessanti analisi ed osservazioni che possono sicuramente rappresentare punti di riferimento per l’ampio dibattito pubblico e giuridico che questa evoluzione tecnologica sta generando.

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Antonio Rossano, introducendo la discussione ha evidenziato come, in risposta all’avanzamento dell’intelligenza artificiale e la crescita esponenziale delle tecnologie di comunicazione, l’Europa si muova per regolamentare il digitale con un occhio vigile sui diritti civili a differenza di altri paesi come USA e Cina che tendono nella loro regolamentazione a privilegiare la efficienza e competitività dei propri sistemi nello scenario geopolitico.

Rossano ricorda che il Digital Services Act e il Digital Markets Act sono regolamenti che cercano di bilanciare il potere delle piattaforme e tutelare i cittadini, mentre l’applicazione della direttiva sul copyright, già integrata nell’ordinamento giuridico italiano, produce effetti anche negativi sull’industria dei media con le piattaforme che non sono disposte a riconoscere l’ “equo compenso” agli editori e quella sulla libertà dei media (EMFA) è ancora in fase dibattimentale.

Queste mosse regolamentari arrivano in un momento critico, dove la velocità di sviluppo tecnologico supera la capacità di adattamento legislativo, e la corsa per proteggere i principi democratici si fa sempre più serrata.

La Professoressa Ginevra Cerrina Feroni, in un intervento accorato ed anche “politico” sulla efficacia di questi sistemi regolatori, ha sollevato diversi interrogativi sulla loro capacità di garantire libertà di espressione e trasparenza nell’era digitale. Mentre si punta a responsabilizzare le piattaforme online per i contenuti illegali, gli esperti rilevano che il mancato chiarimento di cosa costituisca “contenuto illegale” potrebbe lasciare troppo potere discrezionale nelle mani di soggetti privati, potenzialmente minacciando il pluralismo mediatico.

Il Digital Services Act che entrerà in vigore nel 2024, cerca anche di aumentare la trasparenza nella pubblicità online, ma le implicazioni tecniche e di privacy rimangono una sfida da affrontare. Il DSA promette di ridefinire la professione giornalistica e la pratica dell’informazione online, richiedendo un delicato equilibrio tra la regolamentazione e la protezione delle libertà fondamentali.
L’approccio italiano all’intelligenza artificiale genera un dibattito globale sui principi etici e sulla regolamentazione. Il garante privacy d’Italia emerge come un punto di riferimento critico in questo dialogo, sollevando questioni significative sulla governance dell’IA, specialmente in relazione al rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. Mentre il GDPR fornisce una struttura per l’attuale supervisione sulla gestione dei dati personali, la mancanza di un AI Act specifico lascia aperte questioni urgenti su chi dovrebbe detenere l’autorità di regolamentazione e come un potere digitale incontrollato potrebbe minacciare la democrazia.

Il Presidente dell’Ordine dei giornalisti Bartoli, ha osservato come il dibattito sull’efficacia del Digital Services Act in Europa riveli un profondo conflitto tra il desiderio di regolamentazione e la realtà di un ambiente digitale in rapida evoluzione. Mentre il DSA tenta di imporre un ordine sulle piattaforme digitali, considerate i nuovi custodi del sapere, osservatori e professionisti mettono in guardia contro una regolamentazione che potrebbe privilegiare le esigenze di controllo a discapito delle libertà individuali. Bartoli ha evidenziato la necessità di controlli più umanizzati, ed un maggiore investimento finanziario da parte delle piattaforme stesse per garantire una governance efficace e responsabile. Questo richiamo all’azione suggerisce un cambiamento di paradigma nel modo in cui il potere e la responsabilità sono distribuiti nel cyberspazio, con implicazioni significative per i diritti civili e la libertà di espressione.

Bartoli ha anche rappresentato la situazione legislativa italiana riguardante la diffamazione e le fake news, evidenziando come la legge attuale tenda a penalizzare chi produce informazioni accurate e responsabili ed ha anche citato il disegno di legge in discussione in Parlamento, che propone l’eliminazione della pena detentiva per diffamazione ma aumenta significativamente le pene pecuniarie, rendendo il giornalismo un’attività rischiosa e poco conveniente. Altro punto evidenziato è la necessità di una riforma della legge sull’accesso alla professione giornalistica, considerata obsoleta e non adeguata alle esigenze formative moderne.

Il Presidente dei giornalisti ha ricordato come l’azione del  Garante per la protezione dei dati personali, con una decisione senza precedenti di limitare l’uso di Chat GPT, sia stata supportata dall’ordine dei giornalisti nel tentativo di preservare gli standard etici. Intanto, le piattaforme digitali continuano a modellare il panorama informativo, sollevando preoccupazioni sulla loro autorità incontrastata nel determinare i contenuti a cui i cittadini sono esposti. Nel settore giornalistico, Bartoli riconosce che alcune funzioni possono essere affidate all’IA, ma sottolinea che l’essenza umana del giornalismo, basata su ricerca, contesto e verifica, rimane insostituibile.

Colin Porlezza, Direttore dell’European Journalism Observatory, ha parlato di questioni etiche e deontologiche all’interno delle aziende mediatiche nell’utilizzo di queste tecnologie con particolare riferimento ai sistemi di autoregolamentazione implementati in questi ambiti.   L’introduzione pervasiva dell’intelligenza artificiale nelle redazioni, sta portando all’attenzione dell’industria dei media, l’importanza dell’autoregolamentazione etica. Le aziende mediatiche, riconoscendo la necessità di guidare il pubblico e i professionisti attraverso la rivoluzione dell’IA, si sono impegnate a sviluppare linee guida che assicurino un uso responsabile di queste tecnologie.

La proliferazione di tali politiche solleva interrogativi su come garantire la coerenza e l’allineamento con le normative legali esistenti, con l’obiettivo di mantenere standard etici elevati nel giornalismo e di contrastare la percezione pubblica dell’IA come fonte di disinformazione. Le aziende si trovano di fronte alla sfida di bilanciare l’innovazione con la responsabilità, nel tentativo di preservare la fiducia del pubblico nell’era digitale.

Porlezza ha ricordato anche che studi recenti evidenziano come meno del 10% del pubblico sia disposto a pagare per contenuti prodotti con l’IA, mentre più del 65% preferirebbe sostenere il lavoro giornalistico umano. Questa resistenza potrebbe essere significativa sull’economia delle aziende mediatiche e sulla stessa sopravvivenza del giornalismo tradizionale. Inoltre, Porlezza ha sottolineato come la dipendenza dalle tecnologie IA potrebbe portare a uno squilibrio di potere a favore delle grandi aziende tecnologiche, aggravando la già delicata dinamica tra giornalismo e tecnologia, tenendo presente l’importanza della fiducia e del sostegno del pubblico per il futuro del giornalismo.

Per il Direttore de ilfattoquotidiano.it, Peter Gomez, la crescente integrazione dell’intelligenza artificiale nella produzione di notizie mette in luce la sua incapacità di sostituire l’analisi critica e la ricerca di fondo che contraddistinguono il vero giornalismo. Mentre alcune attività editoriali ripetitive potrebbero essere automatizzate, il valore aggiunto del giornalismo investigativo e dei contenuti esclusivi rimane insostituibile.

Nel frattempo, le potenti piattaforme sociali modellano il paesaggio dell’informazione, spesso a discapito delle voci critiche e della pluralità dei punti di vista. La sfida del giornalismo moderno è ampliata dalle problematiche legali, con una crescente pressione attraverso cause civili piuttosto che attraverso minacce di pene penali. In questo contesto, il giornalismo si trova a navigare tra la necessità di adattarsi alle nuove tecnologie e la lotta per mantenere la sua essenza di controllo democratico e di reportage autentico.
Il timore espresso da Gomez è che, sebbene le democrazie occidentali mantengano formalmente le istituzioni democratiche come le elezioni, il parlamento, e la libertà di stampa, le decisioni chiave vengano prese in luoghi non istituzionali, lontano dal controllo democratico. Questo fenomeno è descritto come “post-democrazia” dal politologo Colin Crouch, in cui le strutture democratiche esistono formalmente, ma la sostanza decisionale si sposta altrove.

Il problema diventa ancora più acuto se consideriamo l’influenza che l’IA può avere sull’informazione che raggiunge gli elettori, potenzialmente manipolando o limitando la conoscenza necessaria per prendere decisioni consapevoli, come suggerito da Luigi Einaudi con il principio “Conoscere per deliberare”.

Gomez evidenzia anche il rischio che l’IA potrebbe portare a una sorta di “editore unico”, riducendo ulteriormente la pluralità di voci e prospettive che sono essenziali per una democrazia sana.